Un aneddoto “singolare” legato ad uno dei più “singolari” tra gli imperatori romani: Nerone. Scopriremo anche le origini del nome di una delle quattro basiliche principali della Città Eterna.
di Walter Astori
Che Nerone fosse un personaggio stravagante e originale è cosa nota a tutti. Certe leggende però superano di gran lunga la più fervida immaginazione.
Nel Medio Evo si narrava che il più grande cruccio di Nerone fosse il non poter partorire un figlio, così un giorno ingiunse ai medici di scoprire una cura miracolosa per favorire una sua gravidanza. Costoro, per evitare l’ira dell’imperatore e la conseguente condanna a morte, gli fecero ingerire nientemeno che un girino. Il girino crebbe nello stomaco e divenne una rana, successivamente “partorita” (chissà se dopo nove mesi o prima) dall’imperatore per mezzo di una potentissima purga.
Per festeggiare il lieto evento Nerone organizzò una grande parata. La rana venne posta su un carro d’oro e d’argento e fatta girare per Roma, scortata da una nutrice e da quindici nobili. I cittadini dell’Urbe s’inchinavano al passaggio del carro, venerando la rana come l’imperatore.
Tutto filò liscio finché il corteo raggiunse le rive del Tevere. La ranocchia, evidentemente non felice delle sue origini patrizie, sentì il richiamò dell’acqua. Con un balzo si tuffò nel fiume e riabbracciò il suo habitat naturale, scomparendo per sempre. Nerone non gradì l’abbandono del tetto paterno e si vendicò condannando a morte la nutrice ed i figli dei quindici nobili di scorta, colpevoli di non aver fermato la rana. I nobili però si ribellarono ed uccisero l’imperatore.
Per ricordare il fatto fecero erigere il Laterano, che trae il nome dalla “latitans rana”, ovvero dalla rana fuggitiva.
Sull’origine del toponimo Laterano, su cui oggi sorge la basilica di San Giovanni, sembra più plausibile un’altra vicenda. Secondo fonti storiche dell’epoca l’appellativo deriverebbe dall’originario proprietario di quelle terre, Plauzio Laterano, a cui furono confiscate in seguito alla sua partecipazione alla congiura dei Pisoni. Successivamente furono restituite al console Sesto Laterano ed infine donate da Costantino a Papa Milziade.