Editoriale di Terra Incognita Magazine n.15
di Francesco Paniccia
Sin dall’antichità la musica ha rappresentato un’importante componente della vita sulla terra, accompagnando l’uomo nella propria evoluzione ed intrecciandosi fatalmente a percorsi religiosi ed iniziatici. Poco o nulla si sa circa i modi e i tempi della musica primitiva, ma interessanti sono i discorsi magici legati alla musica, in base ai quali questa sarebbe la matrice e l’espressione prima dell’Universo stesso. Il primo a parlare di musica in termini cosmologici fu Pitagora, attraverso la teoria dell’Armonia delle Sfere. Pitagora scoprì che in una scala musicale i suoni stanno tra di loro in un preciso rapporto matematico; essendo quindi la musica collegata alla matematica e la matematica collegata al Cosmo, conoscendo le leggi dei numeri e delle proporzioni matematiche nella musica, si potrebbe giungere all’essenza del Tutto e alla stessa musica dell’Universo. Possiamo quindi ipotizzare la musica dell’Universo come una lunga nota, costante ed immutabile, che regola tutto il Creato. Accordarsi musicalmente su quella nota, significherebbe essere in totale armonia con la Creazione. In tal senso risulta anche facile capire perché la maggior parte dei riti magici presentano un particolare e ripetuto cantilenare che nient’altro vuol essere che un tentativo di accordarsi alla primigenia nota del Cosmo. Quando l’apostolo Giovanni nel suo Vangelo parla di “Verbo” o “Logos”, che sarebbe stato all’origine del Tutto, non dobbiamo dimenticare che il significato preferito del termine, all’epoca, era proprio quello di “suono”. Anche in altre culture e filosofie antiche come quella “vedica”, ad esempio, la correlazione tra i suoni e il Creato è assai stretta. Proprio da tre suoni generatori avrebbero avuto origine il cielo, il mare e la terra. Secondo Platone, invece, le scale musicali greche erano in piena relazione con i pianeti e gli stati d’animo. Più avanti la musica avrebbe stabilito una vitale relazione anche con l’alchimia, che ha iniziato ad associare i vari strumenti musicali ai cinque elementi: terra, acqua, aria, fuoco, etere (o quintessenza).
La Massoneria intuì da subito il grande potere evocativo e mistico della musica e se ne servì al meglio per i propri riti iniziatici. Colui che più di tutti diede uno slancio all’utilizzo della musica come strumento di elevazione e progresso spirituale, fu il massone Wolfgang Amadeus Mozart, che per primo codificò un vero e proprio linguaggio simbolico-musicale che, in termini di armonia, melodia, formule ritmiche e metriche, trova il suo pieno coronamento nell’opera “Il flauto magico” . Mozart fa della partitura di questo capolavoro un vero è proprio percorso iniziatico che dalla luce si inoltra nelle tenebre, per poi, purificato, ritornare definitivamente alla luce. Una sorta di procedimento alchemico di elevazione, paragonabile a quello che deve affrontare l’adepto per giungere ai più alti “gradi” del percorso massonico.
Musicisti che vissero l’esperienza della composizione come un fatto mistico e iniziatico furono innumerevoli, da Mozart a Beethoven, da Mendelssohn a Wagner. Il compositore francese Claude Debussy si avvalse della formula matematica della sezione aurea, già ampiamente utilizzata in architettura, per realizzare il celebre pezzo per pianoforte “La cathédrale engloutie”, dove il numero di battute e la loro distribuzione è esattamente costruito su tale proporzionalità. Il suo connazionale Erik Satie, musicista estroso e geniale, fu altrettanto affascinato dalla composizione in chiave esoterica, con un particolare interesse alla mistica “rosacrociana”.
In conclusione possiamo affermare che la musica ha avuto, nei secoli, una valenza assolutamente straordinaria nel viaggio interiore dell’Umanità. Volendo citare il “Gran Maestro” Luigi Pruneti essa può definirsi come: “una delle espressioni più alte dell’animo umano, sinergia di creatività, percorso intellettuale, estro, tecnica, sensibilità. La musica è un’arte sciamanica e divina per la sua capacità di coinvolgere ed evocare, di conquistare lo spirito per condurlo lungo sentieri spesso inesplorati”.