Il regno segreto

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Storia delle fate e di un buon reverendo di Aberfoyle

di Simone Petrelli

Poco meno di 600 anime ed un destino di perenne anonimato praticamente segnato se non fosse stato per la penna illustre di Sir Walter Scott. E’ questa l’istantanea più diretta e stringata di Aberfoyle, suggestiva cittadina della regione scozzese di Stirling. Appena una manciata di chilometri, quelli che separano il villaggio dall’area metropolitana di Glasgow, sarebbero stati a dire la verità più che sufficienti a seppellire definitivamente la cittadina nell’oblio. A rompere l’assedio di un isolamento dorato e durato secoli fu tuttavia la vivida bellezza del Loch Katrine, così come era stato immortalato in Lady of the Lake  (1), opera che Scott diede alle stampe nel 1810.

Sir Walter Scott, incisione ottocentesca su legno

Le lusinghiere descrizioni di questo angolo di Scozia valsero al paese l’arrivo di stuoli di fedelissimi del romanziere, che oltre alla loro ingombrante presenza portarono con sé in questi luoghi remoti moneta sonante come non se ne vedeva spesso e, soprattutto, i germi di quella che sarebbe divenuta una primordiale versione locale dell’industria turistica. Ideale porta d’accesso al passo di Trossachs che segna l’inizio delle più aspre Terre Alte (le ben note High Lands), la modesta ed oscura Aberfoyle ebbe per la verità a che fare con la Storia in almeno un paio di buone occasioni. Da queste parti (e per la precisione presso la Inchmahome Priory) trovò infatti rifugio nel lontano 1547 Maria di Scozia durante il suo – fugace – regno, allorché fu incalzata da vicino dalla furia delle truppe regolari inglesi (2). Proprio sulle rive del Loch Katrine, inoltre, la leggenda vuole che sia nato il brigante ed eroe scozzese Robert Roy MacGregor, salito alla ribalta delle cronache ancora una volta grazie all’estro di Sir Walter Scott (3). Ma c’è dell’altro nel passato di Aberfoyle, qualcosa che, ancora una volta, ha a che fare con il celebre romanziere più volte citato. Nel 1815, per opera (e soprattutto a spese) di Scott fu infatti pubblicato un breve quanto misterioso trattato che risaliva alla fine del XVII secolo, “The Secret Commonwealth of Elves, Fauns & Fairies”, ovvero La repubblica segreta di Elfi, Fauni e Fate (4). Questo il titolo che faceva capo all’insolita novantina di pagine opera di un modesto ministro presbiteriano proprio di Aberfoyle, di nome Robert Kirk.

IL REVERENDO KIRK
Robert Kirk venne alla luce nella canonica di Aberfoyle nel 1644, settimo figlio del Reverendo James Kirk. Nonostante le pesanti ristrettezze economiche nelle quali la sua famiglia versava, gli fu permesso di frequentare la scuola, cosa che poi lo condusse alla High School Dundee e, di qui, presso Edinburgo, ove conseguì il titolo di Maestro d’Arte nel 1661. Beneficiato di una borsa di studio erogata dal Presbiterio di Dunblane, prese a studiare teologia alla St Andrews University, dove ventenne si laureò Doctor of Divinity. Dopo aver servito per un ventennio come ministro della Chiesa Episcopale nella parrocchia gaelica di Balquihidder, fece infine ritorno alla natìa Aberfoyle, per rilevare il ministero paterno alla morte di quest’ultimo. Sposato una prima volta con la figlia di Sir Colin Campbell (5) di Mochaster, Isobel, ebbe due figli prima della di lei morte. Più tardi si risposò con un’altra donna del clan Campbell e generò un altro figlio che, una volta adulto, divenne ministro di Dornoch.

Il tartan del Clan Campbell, oggi in uso dal 3º reggimento di fanteria scozzese “Black Watch” (fonte: Wikipedia)

Al di là delle note biografiche spicciole, Robert Kirk fu il primo a realizzare una traduzione della Bibbia in Gaelico. E fu l’autore del Secret Commonwealth. Il libro, terminato nel 1691 e rimasto nel dimenticatoio, trattava una materia molto cara allo Scott ed a molti in piena età romantica. La riscoperta del folklore e del complesso di leggende e tradizioni popolari che attingevano a piene mani dall’universo del fantastico di foggia celtica. Lungi dal costituire una pietra miliare a livello storico o più marcatamente letterario (considerata anche l’illustre personalità che la tenne a battesimo in qualità di editore), l’opera si distinse piuttosto a motivo della singolare vicenda che aleggiava (ed a tuttora aleggia) attorno al suo autore. Fu in questa sede che comprese come quel regno segreto dei fairies – e dunque delle fate, degli elfi, degli gnomi e di tutte le altre specie – che secondo le antiche saghe coesisteva parallelamente alla realtà sensibile, fosse un qualcosa di tutt’altro che alieno alla cristianità stessa (6). Nonostante il periodo di turbolenza in cui versava la Scozia, congiuntura estremamente dura cui le autorità locali non trovarono di meglio che opporre un’altrettanto rigida interpretazione della dottrina cristiana. Kirk era tuttavia un convinto assertore dell’invulnerabilità delle antiche, radicate credenze popolari.

DENTRO IL SECRET COMMONWEALTH
Con la sobrietà propria di un autentico etnologo, mista al tono confidenzialmente pacato di chi si accorge di star trattando argomenti per lui ormai consumati, nelle pagine del Secret Commonwealth Kirk delinea un ritratto a tutto tondo della Gente Pacifica del Fairyland, affrontando il complesso delle loro abitudini ed indugiando perfino sulla loro dieta. Attraverso il dettagliato lavoro del ministro veniamo catapultati al centro di una vasta quanto oscura zona di confine della cultura europea: quella che afferisce l’occulto e, di qui, sconfina nella stregoneria. Ma perché un ministro di culto sceglie di dilungarsi proprio su tematiche così borderline? E’ lo stesso Kirk a snocciolare al lettore le sue argomentazioni, partendo dall’enunciare il suo primo, programmatico obiettivo: contribuire a dissipare pregiudizi. Latore di una fede soave quanto incrollabile nel progresso, si dice ben conscio del fatto che per ogni epoca sussista un qualche segreto da scoprire. Allora, si scaglia con veemenza contro l’asserzione dogmatica secondo la quale il “regno segreto” non esistesse, rigettando le teoria secondo le quali quel popolo pressoché invisibile non fosse altro che un puro frutto dell’immaginazione. La quotidiana esperienza, a suo dire, dimostrava invece il contrario. Anzitutto, che creature reali convivessero in forme organizzate accanto ed insieme agli esseri umani sulla terra, entrando saltuariamente in contatto con alcuni di essi e giungendo, in casi estremi, a trasportarli nella loro terra.

Ängsälvor o Gli Elfi dei Campi, dello svedese Nils Jakob Olsson Blommer, 1850, Nationalmuseum – Stockholm (fonte: Wikipedia)

Esseri di natura intermedia tra quella umana e quella propria degli angeli, i fairies hanno secondo Kirk un aspetto etereo,che conferisce loro tra l’altro la capacità di apparire e scomparire a piacimento. Estremamente intelligenti e curiosi, dimorerebbero in cavità ipogee cui avrebbero libero accesso travalicando le leggi della materia in virtù della capacità appena illustrata. Eredi di una civiltà assai evoluta e presente già prima della comparsa dell’uomo, avrebbero lasciato dietro di sé alcune vestigia rinvenibili in luoghi poco accessibili delle Highlands. Fondamentalmente ateo, e per questo privo di un pensiero e di una filosofia che possano definirsi di natura religiosa, il Piccolo Popolo sarebbe invece strenuamente convinto di una sorta di ciclicità immanente che a tratti ricorda le teorie entropiche o il sistema di pensiero messo a punto in epoca classica da Eraclito. Nel regno delle fate nulla muore e tutto evolve ciclicamente rinnovandosi e migliorandosi in ossequio ad una legge universale improntata al movimento puro e continuo.

ABDUCTION NEL ‘600?
Questa possente teorizzazione messa a punto da Kirk per tirare le fila delle conoscenze accumulate nei secoli di folklore circa una razza intera aveva ispirato il reverendo in modo tanto radicale da convincerlo a trascorrere anni in un’opera strenua di raccolta e classificazione delle testimonianze di coloro che, dicendosi padroni dell’ambiguo dono di una “seconda vista”, affermavano di essere entrati in contatto con questi strani esseri. O di chi affermava di essere stato addirittura rapito da queste genti, che non sembravano tuttavia essere consapevoli del male che potevano infliggere. Per lo più si trattava di donne (alcune delle quali incinte), ma non era infrequente che anche i bambini divenissero oggetto di simili inconvenienti. Vittime, comunque, di misteriose abduction che sovente venivano realizzate con l’ausilio di una sorta di bacchetta magica capace di immobilizzare i malcapitati senza arrecare loro danni fisici. Per interessante istantanea della tradizione scozzese di fine Seicento che fosse, o piuttosto quale ulteriore tassello da inserire nella già nutrita casistica degli incontri ravvicinati con esseri di natura aliena (come è stato sostenuto più recentemente dall’ufologo parafisico Jacques Fabrice Valleé (7)), resta il fatto che lo sforzo titanico di Kirk confluì alla fine nel testo del Secret Commonwealth.

L’ufologo Jacques Valleé (fonte: Blogspot.com)

L’opera della sua vita. Anche perché il reverendo non riuscì mai a pubblicarla, considerato anche il fatto che, non appena il volume fu completato e formalmente pronto per essere dato alle stampe, fu Kirk a venir meno. La gente di Aberfoyle accolse i preparativi del volume con sospetto, malcelando l’insoddisfazione per un crimine letterario che, anche se in perfetta ed eccessiva buona fede,  intendeva far luce su qualcosa che sarebbe dovuto restare al suo posto, a ridosso dell’incerta linea di confine che separa il reale dal fantastico, ed il mitico dal quotidiano. Un limbo in cui non era poi troppo difficile per la popolazione gaelica sconfinare, di tanto in tanto, con tutto ciò che ne conseguiva. Le fate avrebbero presto avuto la loro occasione di vendicarsi di chi aveva messo in piazza i fatti loro, mormorava il popolo. L’opera del reverendo, invece, seguitava malgrado tutto e tutti. Non poteva che essere così, per un settimo figlio che, come tale, aveva ricevuto in dono al momento della nascita quel qualcosa in più che ne rendeva più acuta la vista, e più frenetiche le indagini. Specialmente intorno a Doon Hill.

DOON HILL
Più nota come Fairy Knowe o Dun Sithean (8) (Sithe è un altro nome che i locali utilizzano per le fate), la collina è un grosso cono rovesciato che a tuttora gode di una solida fama di luogo incantato. Si suppone che Doon Hill ospitasse insediamenti già nell’Età del Ferro, sebbene non siano mai stati realizzati scavi archeologici ufficiali in loco. Proprio su questa collina sembra che il reverendo trascorresse numerose serate, l’orecchio incollato al terreno in attesa di captare i rumori del sottosuolo finché sua moglie non ne esigeva il ritorno forzato in casa. Doon Hill costituiva comunque una tappa fissa quanto obbligata per le passeggiate del reverendo. Anche perché non pochi sostenevano che in questo luogo carico di storia mitica lui stesso fosse entrato in contatto con quel Piccolo Popolo che tanto minuziosamente aveva poi descritto nel suo trattato sul fantastico. Il 14 maggio 1692 uscì dalla canonica per la consueta camminata intorno alla collina, ma non fece più ritorno a casa. Non da vivo, almeno, perché ciò che sembrava essere un colpo apoplettico ne stroncò la resistenza. Proprio mentre camminava placido su Doon Hill.

Doon Hill (fonte: Philipcoppens.com)

Il suo corpo fu scoperto più tardi, e con dolore, dai parrocchiani che avevano imparato a conoscerlo e sentirlo vicino per quell’abilità nel parlare una lingua oscura, il gaelico, che contraddistingueva il popolo scozzese dalla notte dei tempi. Con i suoi modesti funerali finiva la cronaca della sua vita ad Aberfoyle, e si spalancava quel regno del mito cui era stato tanto devoto in vita e che tanto lo aveva affascinato. La tradizione locale volle infatti che la sua anima fosse stata sottratta dalle fate per essere trasportata nel loro regno segreto, o imprigionata per sempre nel tronco del Minister’s Pine che fa bella mostra di sé su Doon Hill. Altri sostengono addirittura che il reverendo non fosse affatto morto, la sua bara riempita grossolanamente con pietre atte a simulare il peso vacuo di un cadavere che non era mai esistito. All’inizio dell’Ottocento, un successore di Kirk, di nome Patrick Graham, rese nota la più articolata leggenda nata dalla dipartita del ministro delle fate (9). Sembra che dopo le esequie, lo stesso Kirk fosse apparso in sogno ad uno dei suoi familiari mettendolo al corrente di un’ulteriore versione dell’accaduto. Kirk non era deceduto, ma precipitato in un passaggio scavato dal Piccolo Popolo in cima alla collina, e di qui trasportato a Fairyland. Non tutto era perduto, perché la sua liberazione da quell’ospitalità scomoda poteva essere ottenuta in una maniera quanto meno singolare. Durante il battesimo dell’ultimo figlio di Kirk, nato postumo, il reverendo sarebbe infatti apparso nella sala. Suo cugino Graham of Duchray avrebbe a questo punto dovuto scagliare la sua lama in direzione dell’apparizione, così annullando l’incantesimo che teneva prigioniero Kirk. Sembra che nell’occasione stabilita Kirk facesse davvero la sua comparsa ad un esterrefatto Duchray, che tuttavia fu colto dal panico e non riuscì ad adempiere alla richiesta del cugino, condannandolo così ad una prigionia eterna. Questa dannazione ultima di Robert Kirk ne fa a tuttora una figura a cavallo tra le due realtà, come tale portatore di alcune delle abilità portentose narrate tra le pagine del Secret Commonwealth.

MINISTER’S PINE, 2012. Il manoscritto passò al maggiore dei suoi figli, ma fu presto perduto e non se ne seppe più nulla. Finché, 123 anni dopo, fece la sua misteriosa ricomparsa e venne consegnato nelle mani dell’immancabile Walter Scott, allora in visita ad Aberfoyle, che ne rimase tanto affascinato da volerne – fortissimamente – la pubblicazione. Tra le schiere degli aficionados del romanziere più famoso di Scozia, un posto d’onore va di certo riservato alla mente eccelsa di Jules Verne. A sua volta attratto dal fascino sottile e misterioso che la cittadina dello Stirling seguitava ad esercitare, nell’aprile 1877 questi compose la novella Les Indes Noires, più nota come The Undergorund City (10). In essa, la penna di Verne aveva fantasiosamente ricostruito un decennio di vicende relative alla comunità mineraria di Aberfoyle, a partire dalla riapertura di una singolare miniera di carbone dalla quale si accedeva ad un immenso sistema di caverne ipogee e ad un misterioso lago sotterraneo.

Il Loch Ard a ridosso del passo di Trossachs presso Aberfoyle, Scozia

Ancora, nel 1908 Walter Evans Wentz (11), pioniere per vocazione della divulgazione in Occidente della cultura filosofico-religiosa del Tibet ma soprattutto grande appassionato di tradizioni celtiche, visitò il villaggio natale di Kirk ed arrivò a sostenere che il terreno sotto Doon Hill fosse attraversato da un dedalo di cunicoli sotterranei, habitat ideale per le fate che tanto avevano colpito il reverendo. Oggi, il tronco del Minister’s Pine è sommerso dai tanti biglietti lasciati in questo luogo dai visitatori che affidano i loro sogni più reconditi ed i loro desideri più fantastici alle fate, nel luogo che ritengono ospiti ancora l’anima del singolare ministro. Ed i vecchi raccontano con un sorriso vago che, girando attorno al grande albero per sette volte, si possa addirittura evocare il Piccolo Popolo. L’antica chiesa nel silenzio della quale Kirk esercitò il suo ministero ad Aberfoyle è ancora adagiata a ridosso del Forth, fiume che si insinua nel tessuto cittadino di quello che prima non era che un piccolo villaggio sperduto nella terra dei cardi, e che da allora è cresciuto parecchio. Divenuta col tempo troppo piccola per accogliere i fedeli, la chiesa è stata presto abbandonata, il tetto crollato, le mura infiltrate dalle intemperie proprie di un clima oscuro. Al di fuori del suo vecchio ingresso giacciono ora le due larghe lapidi che, in tempi immemori, impedivano ai ladri di tombe di sottrarre al riposo eterno i corpi appena tumulati, in cerca di dissezionatori privi di scrupoli e facili guadagni. Sul lato opposto del cortile si scorge un memoriale postumo, datato 1793 invece che 1692. Sotto quel lastrone, a godere del privilegio di una veduta che presto affoga nel verde attorno, c’è la tomba del cappellano delle fate. Forse. Se non altro, perché qui si dice: is buaine bladh na saol. La fama sopravvive alla morte. Di qualunque morte si tratti.


NOTE

[1] W.Scott, The Lady of the Lake, Book Jungle, 2008.
[2] S.Zweig, Maria Stuarda. La rivale di Elisabetta I d’Inghilterra, Bompiani, 2001.
[3] Gaddi M. P., Lombari M. (a cura di), Rob Roy di Walter Scott, Tagete – Viterbo, 2007.
[4] M.M.Rossi (a cura di), Il Regno Segreto di Robert Kirk, Biblioteca Adelphi, 1980.
[5] Per una panoramica storica del Clan Campbell di Argyll è possibile consultare il sito electricscotland.com.
[6] I lineamenti del pensiero di Kirk che seguono questa nota sono contenuti nel testo già citato.
[7] Autore tra l’altro della c.d. Classificazione Vallée, un sistema di classificazione delle osservazioni di UFO sovente preferito alla Classificazione Hynek a motivo della maggiore precisione raggiunta. Le ricerche del celebre ufologo sono consultabili all’interno del sito http://www.jacquesvallee.net/.
[8] Molto interessante è al riguardo il materiale pubblicato su mysteriousbritain.co.uk.
[9] P.Graham, Sketches of Perthsire, printed by J. Ballantyne and co. for P. Hill, 1812.
[10] J.Verne, The Underground City, Paperback, 2006.
[11] Antropologo e scrittore americano, autore tra l’altro della prima traduzione inglese (di chiara impronta teosofica, considerata la sua formazione a partire da testi del calibro di “Iside svelata” e ”La dottrina segreta”, entrambi di H.P Blavatsky) del Libro Tibetano dei Morti.