di Alessandro Moriccioni
Non capita tutti i giorni di affacciarsi alla finestra e scoprire che proprio sotto casa è stata appena fatta una scoperta che ha dell’incredibile. E’ ciò che accadde a me, quasi che il mio fosse un ineluttabile destino votato all’archeologia, quando ai piedi del Monte Testaccio a Roma, dove abitano i miei familiari, durante gli scavi di smantellamento delle vecchie strutture per la riqualificazione dell’area riemersero i primi reperti. E oggi quei reperti sono aumentati a dismisura; se ne contano infatti più di 1.500. Ma cosa era effettivamente riemerso?
Si trattava di magazzini atti ad ospitare le merci provenienti dal vicino porto Fluviale, e di alcuni negozi per la compravendita immediata di una parte delle derrate entranti. L’area è stata definita da Il Messaggero lo scavo più esteso della Capitale ed il suo stato di conservazione è pressoché perfetto. Attorniata da una stratigrafia che ha messo in luce ben tre livelli edilizi, questa zona ospitava ed ospita ancora oggi centinaia di anfore vinicole, di epoca augustea, provenienti dall’Oriente, dalla Gallia, dalla Grecia e da altri paesi un tempo partners commerciali di Roma.
Oggi, il progetto di riqualificazione della zona in nuovo mercato rionale stanno per essere attuati. La scommessa del sindaco Veltroni, sempre attento alle bellezze artistico-archeologiche di Roma, è quella di vedere realizzata una mescolanza di stili.
Antico e Moderno si fonderanno e lo scavo tornerà ad essere coperto dal cemento. Ma questa volta un apposito accesso sotterraneo consentirà ai visitatori (quasi certamente paganti!) d’inoltrarsi in un mondo diverso, popolato da genti scomparse come in una dimensione alla quale si acceda attraverso una specie di Stargate.
Non vedo di buon occhio questa soluzione che nasconde e non rivela, ma a differenza di ciò che si è fatto prima, devo riconoscere a questo sindaco ed alla sua giunta l’intenzionalità nel salvaguardare un bene comune, proteggendolo dall’aggressivo avanzare del progresso edilizio. Qualunque sia l’orientamento partitico di ogni ricercatore, storico o archeologo che sia, questi deve necessariamente ringraziare Walter Veltroni per non aver dato continuità alla politica cittadina che lo ha preceduto e per, questo almeno è ciò che speriamo mantenga, aver promesso un’integrazione diversa tra l’antichità classica e il volgare moderno senza guardare allo scempio operato nella realizzazione del museo che ospita un’altra grande opera del passato: l’Ara Pacis.