di Alessandro Moriccioni
I recenti fatti, legati al rapimento del giornalista Daniele Mastrogiacomo in Afghanistan, hanno riportato alla ribalta alcuni episodi avvenuti in loco prima degli attentati dell’11 Settembre 2001. Primo fra tutti lo scempio dei grandi Buddha di pietra fatti saltare proprio dai talebani. A nulla servirono gli appelli giunti da tutto il mondo. Quelle fiere statue che se ne stavano indisturbate nella valle afgana da tempo immemore, ben prima dell’islamizzazione della zona, furono fatte esplodere con cannonate e cariche di dinamite. Come fossero stati centri commerciali costruiti abusivamente sulla spiaggia di Portofino.
Ma perché a nessuno è venuta in mente l’idea di comprarli e di portarli in Europa o in India dove sarebbero di certo stati conservati? Quando venne costruita la diga di Assuan, uno stato devoto al turismo ed alle sue bellezze artistiche, l’Egitto, si mosse per il recupero di un intero tempio scavato nella roccia. Quello di Abu Simbel, dissotterrato secoli prima dal grande egittologo italiano Giovanni Battista Belzoni. Un’opera colossale, non solo per la mole dell’edificio, ma soprattutto per la difficoltà che comportò spostarlo in altro loco, affinché non fosse sommerso dalle acque. Lo fecero addirittura a pezzi per poi ricomporlo.
Ma in Afghanistan non si vive di turismo ed in fondo che importanza potevano avere delle statue raffiguranti l’ennesimo Buddha in pietra? Peccato che i Buddha non siano tutti uguali.
Invece di pregare i talebani, avremmo potuto raggiungere un compromesso con loro e salvare il salvabile.
La vicenda Mastrogiacomo, anche su di un piano nettamente diverso, dimostra quanto qualsiasi cosa, dopotutto, abbia un prezzo.
A quel tempo i talebani non avevano gli americani alle costole e non erano in guerra col mondo. Trattare sarebbe stato certamente più semplice. Anche se nessuno mette in dubbio l’importanza di salvare una vita umana, prima cosa su tutto.
Tuttavia, è grazie a burocrati e politici incompetenti, quando non si tratta d’intascare denaro, che eventi come quello dei Buddha d’Afghanistan e del Museo Nazionale di Baghdad in Iraq, saccheggiato all’indomani della liberazione dei “figli” di Bush, rischieranno, in un prossimo futuro, di mandare in frantumi i pochi tasselli rinvenuti della nostra storia. Un fragile vaso posto su di un altrettanto instabile supporto: la politica.