“Giorno e notte a cantare e a ballare, non si va mai a letto. […] Nel paese dei Balocchi, se ci arrivi non vai più via. Muri pieni di scarabocchi, niente storia né geografia. Fai presto, molla tutto e salta su, c’è tutto, ma proprio tutto e di più” [Pooh – Pinocchio, 2002].
Di Team UNEX (www.facebook.com/UNEXproject)
Con queste parole il noto gruppo musicale italiano descrive il paese dei Balocchi, nato dalla fantasia di Carlo Collodi, nel quale Pinocchio si reca alla ricerca di un mondo, in cui rifugiarsi, senza libri, né doveri dove si giochi tutto il giorno; insomma il sogno di ogni bambino, ma anche di quegli adulti che vorrebbero eternamente restare bambini. Nella realtà questo luogo fantastico si può identificare con Consonno, piccolo borgo di origine medievale, situato nella provincia di Lecco, dal cui capoluogo dista meno di 15 Km e che ad oggi è frazione del comune di Olginate. Ma cosa lo rende fiabesco? Prima di rispondere a questa domanda proviamo a conoscere il suo passato. Come ogni piccolo paesino delle colline brianzole l’economia era basata sull’agricoltura, possibile per le sue terre fertili e ricche d’acqua, e sul piccolo artigianato, finalizzato alla produzione di oggetti necessari per la vita quotidiana; dal Medioevo agli inizi del ‘900 i contadini ricavavano sostentamento dal raccolto e dai castagneti che ricoprivano tutta la regione. Durante gli anni ’20, epoca del primo dopo-guerra e delle rivoluzioni industriali, gran parte degli abitanti dei piccoli comuni lasciarono i loro poderi per trasferirsi, in cerca di una vita meno faticosa e di stenti, nei grandi centri abitati e lavorare nelle fabbriche appena nate. Così accadde anche per la piccola Consonno, ma è da questo periodo storico che la sua vita iniziò a cambiare, evolvendosi diversamente rispetto a quella del tessuto geografico e territoriale in cui è innestata. Negli anni ’60 le industrie abbandonarono le grandi città per privilegiare posizioni più strategiche nei territori provinciali, e il territorio brianzolo ben si prestava a questo scopo; nacquero impianti tessili, chimici e fabbriche che producevano mobili d’arredo, e tutto ciò portò a un ripopolamento della zona, con conseguente disboscamento di intere zone verdi. Ma per la frazione di Olginate, abbarbicata sul colle Brianza, i progetti furono completamente diversi. L’immobiliare “Consonno Brianza” era proprietaria di tutte le abitazioni del paese, e le poche persone che vi abitavano conducevano una vita dedita all’agricoltura ed alla pastorizia; fino a quando il “Grande Ufficiale” Mario Bagno, “Conte di Valle dell’Olmo“, imprenditore e costruttore di grandi opere (quali autostrade e aeroporti), rilevò tutte le proprietà con l’ambizioso sogno di costruire una grandiosa città divertimenti, sul modello americano, che attirasse i milanesi e gli abitanti dei grandi insediamenti urbani durante le loro gite fuori porta e soddisfacesse la loro voglia di novità. Nel 1960 iniziò la costruzione di una strada che collegasse Consonno alla Statale (prima infatti esisteva solo una mulattiera), per far ciò venne disboscato senza controllo , il versante del colle che prospiceva verso Galbiate; i lavori obbligarono gli ultimi abitanti a lasciare le loro abitazioni, e ciò permise a Mario Bagno, nel 1964, di demolire ogni cascina e costruzione, ad eccezione della piccola chiesa parrocchiale. Lo spianamento della collina di fronte al colle Brianza e la deforestazione incontrollata, però, causarono l’apertura di piccole voragini lungo la strada appena realizzata che non fermarono comunque la nascita della “Las Vegas brianzola”. Venne costruito il “Gran Hotel Plaza“, struttura alberghiera di lusso, che ospitò molti visitatori, tra i quali volti noti dello spettacolo italiano e, accanto a questo, un complesso in stile arabeggiante, dai colori sgargianti e con un’imponente minareto che sovrastava la struttura e tutta la vallata; e proprio in questo edificio si trovava il cuore del divertimento, infatti al suo interno vennero aperti negozi e sale per gioco d’azzardo dove le persone benestanti si svagavano e dove altre più povere giocavano tutti i loro soldi nella vana speranza di arricchirsi. Il sogno dell’imprenditore non finiva qua; tale ambizioso progetto una volta a regime avrebbe avuto un’estensione di circa 6 ettari, erano in cantiere un circuito automobilistico, diversi campi da calcio, tennis e minigolf e una funivia che collegasse i paesi ai piedi del colle con la città dei balocchi; ma tutto ciò non venne mai realizzato. A metà degli anni ’70 una frana blocco la strada che conduceva a Consonno. L’opinione pubblica non lasciò passare inosservato l’accaduto e molte furono le polemiche riguardanti il dissesto idrogeologico dell’intera area dovuto al disboscamento e alla cementificazione senza controllo ad opera del Conte Bagno. Nonostante le insistenze di Mario Bagno i lavori per rendere nuovamente agibile la strada non vennero subito intrapresi dal comune di Olginate e cosi il paese dei balocchi venne abbandonato a sé stesso. Negli anni ’80, sistemato il percorso di accesso, il “Gran Hotel Plaza” venne convertito a ricovero per anziani. Consonno da paese pensato per i giovani e il divertimento si trasformò dunque in luogo per il riposo di chi l’età del divertimento e della spensieratezza l’ha superata da molto. Il poco guadagno dovuto al solo ricovero per anziani portò all’abbandono anche di questo progetto, il piccolo borgo fu condannato a morire nuovamente. Divenne, in senso tutt’altro che positivo, la città nella quale “si balla e si canta notte e giorno con scarabocchi sui muri” (come cita la canzone dei Pooh) nel 2007, quando durante un rave party, denominato “Summer Alliance Italytek” venne brutalmente distrutta, saccheggiata ed infine abbandonata in un totale stato di degrado che tutt’oggi la contraddistingue. I murales ricoprono interamente le pareti e le belle piastrelle colorate che adornavano le varie stanze oggi sono solo un ricordo visibili nelle vecchie Polariod d’archivio o nelle cartoline ricordo che i visitatori mandavano ad amici e parenti durante il periodo di soggiorno nella Consonno al massimo splendore. Del borgo originale sono rimaste solo la chiesa e la canonica con il piccolo cimitero raggiungibile in macchina unicamente alla domenica e nei giorni festivi. Sporco e resti dei più disparati oggetti sono sparsi ovunque; di tanto in tanto si trovano lungo il cammino giocattoli e balocchi di vario tipo, che probabilmente appartenevano ai piccoli abitanti che lì hanno trascorso un periodo felice della loro vita. Oggi tutta questa felicità è solo un ricordo: vetri rotti e parte dei fini ed eleganti rivestimenti giacciono al suolo, donando l’idea dell’originaria bellezza architettonica della “Las Vegas brianzola” e dei suoi edifici. Come per Pinocchio, la “città dei Balocchi” risultò essere un luogo tutt’altro che felice, così anche Consonno è un luogo che capace di suscitare nell’esploratore che si appresta a visitarla emozioni totalmente antitetiche: un mix di pace e quiete dovute all’assenza di rumori, ma è un assordante silenzio che sfocia presto in desolazione se si pensa a ciò che Consonno era e alla città fantasma che è diventata oggi grazie alla “bestialità” dell’uomo. Il bel panorama che si gode sulla valle, stride se paragonato con il senso di desolazione che suscitano quei luoghi e con le storie di vita (certamente non fiabesche) di famiglie senza dimora, che sovente trovano rifugio nelle pericolanti e fatiscenti strutture abbandonate. Se si passa nelle vicinanze di questo piccolo borgo una visita è dovuta per la sua particolarità e per il monito che riesce a trasmettere: “il sogno di una città del divertimento a volte si trasforma nel luogo dell’infelicità e della povertà di molti”. Il Consiglio comunale di Olginate, nell’Aprile del 2008, si augurava una riqualificazione dell’area, ma non sono state fatte proposte concrete o realizzabili; problema non indifferente è anche che Consonno risulta essere proprietà privata dei discendenti dell’imprenditore Mario Bagno; nel 2010 la strada è stata riasfaltata, ma non sono stati fatti altri lavori per quanto riguarda le ormai fatiscenti strutture abbandonate. 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