Una leggenda proveniente da un piccolo paesino russo ha messo in seria difficoltà l’intera concezione storica umana, riproponendo alla scienza quegli spettri del passato ai quali ha sempre cercato di sottrarsi. Una scoperta avvenuta alle pendici dei monti Urali sarebbe la prova incontestabile dell’esistenza di una civiltà venuta molto prima e scomparsa d’improvviso. Se questa dichiarazione fosse confermata straccerebbe ogni umana certezza riguardo ciò che è stato nel passato.
di Alessandro Moriccioni e Andrea Somma
Quando Dio progettò il mondo sulla mappa dei milioni di anni
Il cielo plumbeo e le basse nuvole avvolgono la catena montuosa degli Urali rendendola ancor più inquietante e inaccessibile. La nebbia cala giù sino alle pendici di queste sculture naturali preannunciando la desolazione siberiana dove le vestigia di popoli scomparsi da centinaia d’anni si rincorrono tra steppe e precipizi densi di memorie. Gli Urali percorrono la Russia occidentale come vertebre fossilizzate di un antico animale estinto in ere anch’esse cancellate da giorni, che qui più che altrove, sembrano scorrere ognuno identico al primo. Questa è la Russia, un crocevia di popoli, dapprima nomadi, che convivono nel mystero costante, immersi in un groviglio di tradizioni passate e ideologie progressiste caratteristiche di ogni popolo dell’Asia. Solo in un simile scenario sarebbe potuto accadere quanto vi stiamo per documentare, una scoperta scientifica, fatta da scienziati, che, se confermata, in futuro potrebbe sovvertire la nostra nozione di storia.
Sono le 11:20 di una calda e assolata mattina di giugno. Per essere esatti è Mercoledì 5 giugno 2002, quando la notizia diffusa in Italia dall’agenzia Ansa rimbalza sulle maggiori testate giornalistiche. La rete Internet, i vari televideo e i giornali riportano l’enigmatica notizia senza fornire molte spiegazioni e tutto si risolve nel giro di poche ore durante le quali il sensazionale annuncio viene riportato. Ovunque si spegne in poche righe striminzite che tutti esprimono con le stesse identiche parole, in mancanza d’informazioni più dettagliate. Il mondo accademico non se ne accorge nemmeno e la vicenda viene, come prevedibile, dimenticata.
Ma in rete questo avviene raramente e l’inevitabile polemica ha finito per coinvolgere il nostro paese a seguito delle dichiarazioni ribadite in seno alla trasmissione Stargate condotta dal dottor Roberto Giacobbo sulla rete televisiva nazionale La7. Ma andiamo per ordine.
Torniamo al 5 giugno quando l’Ansa emette questo comunicato:
Mosca – Scienziati russi hanno annunciato di aver trovato nella regione degli Urali una grande lastra minerale di origine artificiale che ritengono vecchia di 120 milioni di anni e che riporterebbe una mappa geografica in rilievo della regione. Lo ha riferito il professor Aleksandr Chuvyrov, della facoltà di chimica dell’Università del Bashkir, nella repubblica russa del Bashiri, secondo il quale la mappa tridimensionale potrebbe essere stata realizzata solo grazie a prospezioni aeree. Secondo quanto ha detto Chuvyrov all’Ansa, confermando informazioni pubblicate dal quotidiano Prava Ondine, la lastra sarebbe solo un frammento di un’enorme mappa di tutta la Terra che, data l’ipotizzata età del manufatto sconvolgerebbe tutte le conoscenze attuali. L’uomo di Neanderthal comparve sulla Terra 75.000 anni fa. Chuvyrov, 53 anni, ha detto di non voler suggerire un’origine extraterrestre, ma definisce inspiegabile la mappa. La lastra, alta 148 centimetri, larga 106, spessa 16 e pesante 1,5 tonnellate è formata da tre strati sovrapposti di dolomite, diopside e porcellana. E’ stata rinvenuta nella località di Chandar, negli Urali, nel 1999 ma se ne è avuta notizia ora. La mappa, secondo quanto indica lo scienziato russo, riporta la identificabile geografia antica della regione, più quelle che appaiono come opere di ingegneria con sistemi di canali e dighe. Vi sono inoltre iscrizioni in una lingua geroglifico-sillabica di origine sconosciuta. All’inizio gli scienziati russi ritenevano che potesse risalire ad alcune migliaia di anni fa, ma poi sono state ritrovate incastrate negli strati conchiglie fossili che risalgono fra i 50 e i 120 milioni di anni fa. L’età sarebbe confermata anche dalla configurazione dei fiumi e canyon come sarebbero stati decine di milioni di anni fa. La mappa, secondo gli scienziati russi, non potrebbe essere stata realizzata a mano, ma verosimilmente con strumenti di alta precisione e grazie a prospezioni aeree.
Secondo una leggenda del luogo, un numero imprecisato di lastre raffiguranti grandi zone della Terra, dovevano trovarsi in un piccolo paese ai piedi dei monti Urali. Nel luglio del 1999 una di queste lastre venne effettivamente rinvenuta sotto il pavimento del porticato della casa di un ex funzionario dell’amministrazione locale. All’inizio gli scienziati russi, il cui intento sin dal 1995, era quello di provare una migrazione cinese verso le zone della Siberia e degli Urali, pensarono che le iscrizioni scolpite sulla lastra e non ancora decifrate, fossero un antico idioma di origine cinese. Infatti in molte zone della Siberia e della Russia in generale sono state in passato rinvenute steli incise in un’antica lingua del Catai, come documentato nel libro di Gavin Menzies 1421: la Cina scopre l’America. Tuttavia queste tesi non ha retto per molto, poiché nessuno degli esperti è riuscito a leggere quei segni. Si pensa attualmente che si tratti di un linguaggio geroglifico-sillabico di origine sconosciuta.
Negli archivi del governo generale della città di Ufa sono presenti dei documenti che riportano il ritrovamento, avvenuto nel diciottesimo secolo, di numerose lastre di pietra di aspetto curioso. Persino l’archeologo A. Schmidt ha riferito di aver osservato lastre di colore bianco piuttosto inusuali. Partendo da queste affermazioni, il team di scienziati guidati da Chuvyrov, partì alla ricerca delle leggendarie lastre, senza però trovare alcunché. Fino al 1998 Chuvyrov era convinto che si trattasse appunto solo di una leggenda. Tuttavia nel 1999 una lastra venne segnalata a Chuvyrov dall’ex funzionario statale di Chandar. La lastra, pesante circa una tonnellata, venne estratta con la massima cautela e venne ripulita dal terriccio. Gli scienziati poterono a questo punto esaminare il reperto e riconobbero la morfologia della Bashkiria. Chuvyrov afferma che nell’arco di milioni di anni la geografia della zona rappresentata non è poi cambiata molto; infatti gli studiosi russi e cinesi al seguito di Chuvyrov, stabilirono che la mappa descriveva i fiumi Belya, Ufimka e Sutolka, oltre a diversi canyon dei monti Urali. Tra i segni sconosciuti incisi sulla pietra, di chiara origine artificiale, il professore russo è convinto di averne decifrato uno, che, a parer suo, indicherebbe la latitudine dell’attuale città di Ufa.
Gli studiosi hanno stabilito l’età della lastra prima attraverso l’analisi al radiocarbonio degli strati, quindi per mezzo di due molluschi rinvenuti all’interno dello strato di porcellana con lo scopo di segnalare due punti precisi. Questi molluschi noti alla scienza come Navicopsina munitus e Ecculiomphalus princeps, rispettivamente estinti 500 e 120 milioni di anni fa. Si è diffusa la convinzione che la lastra sia stata realizzata quando il polo magnetico del globo terrestre si trovava presso la zona della Terra di Francesco Giuseppe nel mare di Barents.
E’ a questo punto che Chuvyrov, grazie al suo sodalizio con una scienziata cinese, abbandona definitivamente l’idea di una possibile origine storico-cinese della mappa.
Parola di Chuvyrov
Vi proponiamo ora l’unica intervista rilasciata nel nostro paese dal professor Aleksandr Chuvyrov alla trasmissione Stargate linea di confine dove lo scienziato russo ha ribadito le affermazioni fatte in precedenza.
Sono molto lieto di trovarmi qui nello studio di Stargate linea di confine. Questa è la prima volta che vengo in Italia in questo studio e ringrazio di questo la rivista Hera. Il fatto è che questa estate attorno alla mia scoperta c’è stata una grandissima discussione in tutta la stampa mondiale. Molti giornalisti e le redazioni della televisione pensano addirittura che io sia semplicemente un’invenzione più o meno fortunata dei giornalisti russi. Invece io sono una persona viva e sono qui presente; vorrei raccontarvi della mia scoperta.
In un paesotto di nome Chandar che non si trova molto lontano da un canyon nei monti Urali più o meno fino a cento anni fa secondo le leggende esistevano 6 lastre misteriose che si pensava fossero scomparse.Io ho organizzato nel 1998 e nel 1999 sette spedizioni e ho fatto anche ricognizioni in elicottero per cercare queste lastre e finalmente nel 1999, il 21 luglio per l’esattezza, sono riuscito a trovare esattamente sotto la casa dell’abitante più vecchio di Chandar una lastra di questo genere. Ci siamo stupiti incredibilmente quando abbiamo tirato su questa lastra e abbiamo visto che era praticamente un’iscrizione, era una mappa in tre dimensioni che raffigurava una parte della superficie terrestre. Dopodiché abbiamo portato a Ufa questa tavola e abbiamo organizzato un laboratorio speciale ed abbiamo invitato tutta una serie di specialisti nei vari campi della scienza soprattutto geologi, geografi, cartografi, filologi, fisici, matematici ed esperti di merci e tecnologia di materiali. Da una prima analisi abbiamo scoperto che questa pietra contiene delle informazioni cartografiche relative alla parte meridionale della catena dei monti Urali quindi è una mappa della parte sud dei Monti Urali. Non è ripeto una mappa semplice ma in tre dimensioni dove sono indicate tutte le montagne e tutti i fiumi nell’aspetto reale che hanno secondo le misure che sono riportate secondo la scala. Questa scala è 1 a 1,1 cioè vuol dire 1 centimetro è un chilometro e cento metri. Dopodiché abbiamo visto che la pietra aveva dimensioni di 1,48 per 1,06 per 16 centimetri di spessore Questa pietra è fatta di tre strati, il primo è di dolomite, il secondo di diopsite e il terzo è una copertura di porcellana. La copertura di porcellana è stata fatta dopo che era stato fatto il rilievo, cioè dopo che erano stati fatti i tagli sulla pietra. Devo farvi notare che lo strato di diopside è stato fatto utilizzando la nanotecnologia, questo perché la durezza della diopsite è simile a quella del corindone e altrimenti non si sarebbe potuto legare il materiale successivo. Sulla carta vediamo alcuni canali, ci sono 12000 chilometri di canali. I canali sono larghi 500 metri sono profondi 300 metri. Oggi come oggi non possiamo immaginare con esattezza chi possa aver fatto questo lavoro ma in effetti posso dire che attualmente è l’unico oggetto che abbiamo trovato di questo tipo. Non ha analoghi al mondo e abbiamo fatto un’expertize della porcellana e ci siamo resi conto che era un tipo di porcellana sconosciuto comprendente anche delle iscrizioni sconosciute. Abbiamo notato che nella parte sinistra della carta c’è un modello del sistema solare e da questo dettaglio possiamo cercare di determinare la data più bassa di quando hanno fatto questa mappa. Possiamo dire perlomeno che la mappa è stata realizzata più di 13000 anni fa. Ci sono altri dati indiretti che fanno vedere qual’è l’età della mappa. Voglio sottolineare che sono dati indiretti. Per esempio sono dati paleontologici che permettono di dare una età di 120 milioni di anni.
Vorrei farvi notare che per realizzare alcuni dei segni convenzionali nella carta sono stati inseriti dei molluschi che sono scomparsi più 60 milioni di anni fa. Abbiamo fatto un’analisi molto attenta di questi molluschi che ci ha dimostrato che sono stati murati nella mappa quando erano ancora vivi. Per cui in base a questo dato possiamo dire qual è l’età della carta. L’analisi del bordo delle carte mostra che ci devono essere parecchie carte. Non deve essercene una sola ed è possibile che si tratti o di una carta di tutta la terra o di una grande parte della terra. Vogliamo recuperare la seconda lastra e la terza lastra. Farò in modo che la trasmissione Stargate linea di confine sappia sempre con esattezza quello che succede. Io vi terrò informati.
Le critiche piovono sul Web
Mentre il mondo scientifico si apprestava a voltare immediatamente pagina, dimenticando l’accaduto, una nuvola di polvere sempre più fitta s’addensava sulla rete internet. La guerra tra scettici e credenti non ha portato ovviamente a nulla se non ad un ispessimento dell’enigmatica vicenda, tuttavia ha posto leciti interrogativi circa le affermazioni del professore russo.
Nel suo resoconto telematico Mappa del creatore, una bufala mondiale Silvio Sosio dalle pagine di Corriere.fantascienza.com del 10 giugno 2002 attacca senza mezzi termini l’operato di scienziati e giornalisti, chiedendosi come i primi possano essere stati ciechi alle affermazioni errate di Chuvyrov, e come i secondi si siano tra loro imitati riportando notizie identiche senza tentare d’informarsi. Il sensazionalismo prima di tutto…
Le domande che Sosio si pone basandosi (a sua volta) su un lavoro di ricerca altrui, sono ad ogni modo logiche. Perché un professore universitario come Chuvyrov, seppure laureato in chimica, ha commesso un errore colossale affermando che l’uomo di Neanderthal comparve sulla Terra 75.000 anni fa, quando gli stessi archeologi dubbiosi per convenzione stimano un’età di 300.000 anni ai fossili più antichi? E ancora, come può Chuvyrov riconoscere tra le pieghe di una lastra di pietra zone della Russia che certamente 120 milioni di anni fa erano completamente diverse da come appaiono oggi? Ad ogni modo lo scettico giornalista non fornisce alcuna risposta rimandando ad articoli apparsi sulla rete qualche tempo prima che a quanto pare sono tutti simili tra loro essendo l’uno la fonte dell’altro. Forse perché simili domande sarebbe meglio farle a Chuvyrov stesso.
Gli scienziati russi sono ormai convinti che la lastra di Chandar sia solo uno dei 348 frammenti che dovrebbero comporre una mappa dell’intero pianeta. Ne consegue che la mappa completa avrebbe delle dimensioni di circa 340×340 metri. Perché il creatore avrebbe utilizzato la nanotecnologia e la sua scienza sconosciuta e avanzatissima per realizzare un’opera di dimensioni mastodontiche e certamente poco funzionale? Perché fabbricare una lastra formata da tre strati eccezionalmente duri e pesanti semplicemente per descrivere la geologia di una zona? Anche ammesso che tutto questo sia possibile, a che scopo fu realizzata questa enorme carta geografica?
Gli studi di Chuvyrov hanno messo in luce l’accuratezza dei rilievi geografici rappresentati, senza però fornire una spiegazione sull’utilità dell’avere una mappa, un tempo integra, di tali dimensioni. Ma chi potrebbe mai utilizzare un simile manufatto? Certamente nemmeno i giganti.