Per anni gli esperti hanno accantonato i testi ermetici relegandoli ad una semplice mania rinascimentale. Con la scoperta a Nag Hammadi, in Egitto, di una biblioteca contenente tra i tanti alcuni di questi scritti filosofici, la scienza ha fatto marcia indietro. Da dove vengono realmente e chi ne fu l’artefice? La Massoneria sostiene che furono vergati nell’Antico Egitto per poi essere trasposti in greco. Ma gli studiosi sono come sempre prudenti…
di Alessandro Moriccioni
Roma, 26 Febbraio 2006
Scorrevo distrattamente con gli occhi i titoli dei volumi che sfilavano sugli scaffali di in una piccola libreria di Roma, nei pressi di Piazza Navona. Una strana libreria. Vende infatti quasi esclusivamente testi di storia, archeologia, esoterismo ed antiche filosofie in generale. Il paradiso di ogni studioso di queste discipline, una sorta di Biblioteca di Alessandria dove è possibile rinvenire anche testi non più sul mercato da svariati decenni. E non c’è l’ombra di un romanzo.
Fu là che, incuriosito, posai l’occhio su un volantino. Un semplicissimo volantino bianco. All’inizio non ci feci molto caso ma dopo aver scorso ancora un po’ con gli occhi quel marasma di testi, tornai istintivamente indietro. Mi resi conto, allora, che si trattava di un volantino stampato per conto del Grande Oriente d’Italia: l’associazione massonica per eccellenza del nostro Paese. Evidentemente il sigillo che sovrastava il tutto doveva avermi inconsciamente attratto.
Mi assicurai che ve ne fossero degli altri e lo infilai in tasca. Dimenticai quel foglietto per tutto il giorno sino a quando non saltò fuori mentre appendevo la giacca nel vano sotto le scale di casa. Decisi di non aspettare oltre, sedetti e lo lessi incuriosito.
Il volantino pubblicizzava un incontro, presso la prestigiosa sede di Palazzo Altemps a Roma, in occasione della presentazione al pubblico della nuova edizione del Corpus Hermeticum. Vi era infatti scritto: Collegio Circoscrizionale dei MM. VV. del Lazio. Presentazione del volume Corpus Hermeticum. Incontri del Servizio Biblioteca del Grande Oriente d’Italia. Alla presentazione avrebbe certamente partecipato anche la curatrice del volume e di certo non volevo perdermi il suo intervento. Decisi così di tenerlo presente, l’occasione di ascoltare una relazione su quell’antico testo in mezzo ai Venerabili Maestri Massoni del Lazio, era troppo ghiotta e pensai che non avrei dovuto lasciarmela sfuggire.
Il Corpus Hermeticum e la sua comparsa in Europa
L’edizione curata dalla casa editrice Bompiani per la collana Il Pensiero Occidentale, è davvero eccellente. Contiene infatti tutti i testi legati al pensiero ermetico di Ermete Trismegisto già pubblicati nella precedente opera di A.D. Nock e A.-J. Festugére, del 1945-54 in quattro volumi. In più la curatrice, dottoressa Ilaria Ramelli, ha inserito i tre nuovi testi ermetici rinvenuti in Egitto. Quando, infatti, nel 1945, tre anni prima della scoperta di Qumran, vennero riesumati a Nag Hammadi, Egitto, un certo numero di papiri gnostici, si scoprì che tra questi erano stati conservati tre scritti ermetici in copto, l’antica lingua dei primi cristiani egiziani. Uno di questi è il celebre Sull’Ogdoade e l’Enneade.
Oggi è possibile, grazie alla Ramelli, non solo avere accesso alle versioni complete degli Hermetica (il Poimandres, l’Asclepio, Il Discorso Perfetto, La Kore Kosmou), ma anche consultarne gli originali in latino e greco, più i tre trattati di Nag Hammadi sia in lingua Italiana che in copto. In breve si tratta di un testo di migliaia di pagine commentate in nota a piè di pagina da una tra le più preparate studiose accademiche di testi ermetici, una vera chicca irrinunciabile per qualsiasi appassionato.
Introdotto a Firenze nel 1460 da Leonardo da Pistoia, inviato da Cosimo de Medici alla ricerca di libri antichi e rari, il Corpus Hermeticum fu tradotto da Marsilio Ficino, allora impegnato sui testi greci di Platone.
Ficino figlio adottivo di Cosimo è considerato uno dei massimi teologi e linguisti del Rinascimento e fu traduttore degli Hermetica a soli ventisette anni. Senza entrare nel dettaglio della complicata interpretazione del Corpus ci limiteremo a dire che per anni questo testo è stato considerato privo di valore dagli studiosi. Oggi alla luce di un’unanime riconsiderazione è possibile riferirsi agli Hermetica senza il pericolo di essere tacciati di ignoranza.
Il Corpus Hermeticum si fa risalire al mago egizio Ermete Trismegisto, primo alchimista della storia, ma il contenuto sapienziale deriverebbe da una più antica radice. Infatti comunemente si crede che Ermete sia un uomo nato prima del Diluvio.
Attraverso una sorta di iniziazione misterica Ermete dona la sapienza agli uomini per mezzo della sua dottrina esoterica. Senza complicare troppo la questione si può dire in merito che: i testi ermetici, alcuni composti in greco, alcuni tradotti dall’egiziano in greco, erano un insieme di trattati semi-filosofici sul divino, di antica saggezza, di letteratura egizia e di insegnamenti esoterici che comprendevano concezioni cosmologiche e misticismo. Attraverso quella letteratura si possono apprezzare al meglio i modi diversi e sottili in cui la consapevolezza del divino si manifestava nell’intero amalgama culturale dell’Egitto.
Attraverso l’eccellente esplicazione di cui sopra tratta dai noti autori Robert Bauval e Graham Hancock, che abbiamo mutuato dal loro recente libro Talismano, siamo in grado di comprendere il motivo per il quale questi testi ebbero una così ampia risonanza nel Rinascimento, particolarmente intriso di un credo magico e di un revival filosofico greco. La Chiesa favorì l’entrata di simili concetti nella propria istituzione grazie a papi illuminati interessati all’alchimia, ma ne ostacolò anche, e spesso, la diffusione. Questa doppia faccia del dogma religioso fu la causa di tante condanne illustri. Ecco per quale motivo nel 1592 Giordano Bruno preferì ardere sul rogo piuttosto che rinnegare quella fede e quel mondo tanto tolleranti e saggi da lui collegati anche al culto della dea egizia Iside. Culto che era scomparso da Roma ormai da centinaia di anni. Ma molti altri simpatizzanti del Corpus fecero i conti con la morte: chi avvelenato chi condannato dall’Inquisizione.
Nel 529 d.C. l’Accademia platonica di Atene, fondata nel 380 a.C. dallo stesso Platone, fu chiusa in tutte le sue sedi per volere dell’imperatore cristiano Giustiniano. L’Accademia aveva diramazioni non solo ad Atene e nell’ovvia Alessandria, ma soprattutto a Roma e in Sicilia. Secondo l’accusa si rischiava di diffondere concetti pagani nemici del cristianesimo dilagante. Si sa che in seguito a queste vicende di solito i testi filosofici antichi finivano in chiese, monasteri e biblioteche reali. O, molto più semplicemente, nascosti in grotte inaccessibili come i testi di Nag Hammadi, Qumran ed il cosiddetto Vangelo di Giuda. La maggior parte dei testi antichi sopravvissuti furono conservati e poi copiati, anche se non sempre fedelmente, da uomini di Chiesa. L’Accademia Neoplatonica fondò invece le sue radici sulla sua antenata e su testi rimasti miracolosamente illesi conservati in Oriente.
Cosimo de Medici volle creare una sede della Nuova Accademia a Firenze dopo aver seguito le lezioni di Gemisto Pletone, un’autorità indiscussa negli studi platonici. Cosimo chiamò a dirigerla Marsilio Ficino, traduttore del Corpus, opera che ebbe sull’Accademia un influsso non indifferente. Questa scuola, che avrebbe dovuto essere considerata eretica, fu raffigurata nel dipinto di Raffaello visibile ancor oggi nelle logge vaticane, La Scuola di Atene, nel quale ritroviamo molti degli appartenenti a quel gruppo rinascimentale di sapienti ritratti tuttavia nelle vesti degli antichi accademici di Platone. Ma torniamo alla presentazione del libro della Ramelli.
Una serata al Grande Oriente d’Italia
Sabato 25 Febbraio, data fissata per l’incontro di Palazzo Altemps, tutti impettiti io e la mia ragazza facevamo ingresso nella società massonica di Roma. La sala conferenze allestita in un’antica e meravigliosa stanza del palazzo, oggi chiamata senza troppa fantasia Sala Confcooper, brillava sotto i riflettori alogeni accesi per illuminarla.
Confesso che mi trovai un tantino a disagio tra tutte quelle persone a me sconosciute, molte delle quali portavano il simbolo di appartenenza massonica. Una spilla tonda con al centro il simbolo del Grande Oriente d’Italia: la piramide.
Faceva anche molto caldo, a causa dei riflettori di cui sopra e dovetti allentare il nodo alla cravatta. Notai che oltre a numerosi cinquantenni interessati, sedevano tra noi più ragazzi di quanto immaginassi. Nuovi adepti o semplici curiosi?
A presiedere l’incontro erano: Bruno Battisti d’Amario, Presidente del Collegio Circoscrizione dei Maestri Venerabili del Lazio, Giovanni Casadio, docente presso l’Università di Salerno, Mino Gabriele, dell’Università di Udine, Claudio Moreschini, professore universitario a Pisa, Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e Ilaria Ramelli ricercatrice e filologa di letteratura classica curatrice della riedizione del Corpus. Non ci volle molto prima che salissero sul palco e l’incontro ebbe inizio senza troppe attese.
Per prima cosa si presentarono, introdotti dal Presidente di Collegio Bruno Battisti d’Amario. Dopo le dovute presentazioni passarono all’esposizione di alcune diapositive che rappresentavano, tratti da antichi manoscritti, alcuni concetti di derivazione ermetica. Molto notevole, non c’è che dire. Ma fu quando iniziarono a proferire i professori che la cosa si fece interessante.
Fu fatto un vero e proprio excursus nella religione occidentale e vicino orientale fino ad andare a toccare argomenti complessi come le eresie catare. Tuttavia il linguaggio usato fui talmente aulico che a malapena si poteva seguire. Avendo una cospicua infarinatura sull’argomento potei fare da traduttore simultaneo per la mia ragazza che come molti tra il pubblico si era chiesta di cosa esattamente si stava parlando. Il punto caldo della discussione fu ad ogni modo chiarissimo. I testi contenuti nel Corpus Hermeticum erano da attribuirsi all’area filosofica greca o invece provenivano realmente dall’Egitto, come da più di cinquecento anni si spera di provare?
La partita si giocava, a parer mio, in modo scorretto. L’unico docente con una reale competenza sull’argomento asseriva che non era possibile attestare una provenienza egizia antica per ciò che concerneva gli Hermetica. Gli altri referenti erano più aperti a questa eventualità, ma come sempre accade, s’invitano alle presentazioni letterarie tutti coloro che accettano di farle. E non sempre si tratta di gente competente. Quindi, dopo il timido intervento della dottoressa Ramelli che introdusse piuttosto il suo lavoro di traduzione dei testi in copto di Nag Hammadi, fummo costretti a seguire un vero e proprio sproloquio di Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. Iniziò ringraziando la Ramelli per il suo eccellente lavoro. Poi passò a ridefinire l’importanza di questa edizione del Corpus, tentando di accostarla alla rinascita di una Massoneria che voleva emergere dalla sua stantia funzione speculativa per tornare alle sue origini anche ritualistiche. Gli Hermetica, che tanti alchimisti e massoni ha ispirato, provenivano dall’Egitto e, anche se questo non è stato esplicitamente affermato, stavano alla base dell’istituzione massonica mondiale. Non lo disse, certo, ma dal suo discorso questo è ciò che si poteva dedurre tanto che si tratta di un credo largamente diffuso tra i massoni.
Ma quale sarebbe la verità?
Secondo molti studiosi è possibile che alcuni dei testi ermetici più antichi siano scaturiti da tradizioni di stampo egizio che fanno riferimento esplicitamente a rituali misterico-iniziatici e miti antichi in qualche modo ereditati o introdotti alla nascita della Massoneria, prima della data del 1717, anno in cui fu istituita la Massoneria ufficiale speculativa. In più, essendo Ermete visto come il depositario di tutta la conoscenza umana, si è supposto che egli fosse in realtà identificabile con il padre dell’umanità. Ovvero, tutta quella serie di personaggi mitologici, legati al mito del Diluvio, che preservarono la conoscenza umana dalla distruzione totale. Da qui la convinzione che attraverso gli insegnamenti di Ermete Trismegisto sarebbe stato possibile elevarsi e scoprire i segreti delle Piramidi, del Tempio di Salomone e di Dio stesso. Una risposta al quesito, ovviamente non esiste, poiché non possediamo le copie originali dei testi di Ermete o del reale autore.
Al termine della pantomima del Gran Maestro, che sembrava più che altro una trama di Dan Brown, l’incontro ebbe fine ed un applauso direi quasi “massonico” scrosciò nella sala. Avviandoci verso l’uscita notammo come in molti si accalcassero per assicurarsi una copia dell’opera ermetica, in vendita presso un banco improvvisato.
La notte romana ci accolse col suo tepore, le luci di Piazza Navona inghiottirono il vorticare di quanto era stato detto e che ancora persisteva nella mente. Tirai fuori dalla mia tasca il volantino bianco che annunciava la serata appena trascorsa e rimasi a fissarlo sotto la luce fioca di un lampione mezzo rotto. Era stata una serata interessante passata tra molti massoni romani. Gente ben vestita che non ha nulla dell’aria losca che ne pervade la nostra immagine mentale. Sorrisi alla mia ragazza e pensai a quanto fosse strano che un testo antico tradotto nel Rinascimento avesse ancora oggi una tale importanza. Un’importanza che esulava dal valore storico e filologico. Un’importanza che trascinava professori, ragazzi e persone rispettabili a disquisire su argomenti che la nostra civiltà moderna considera retaggio di un’epoca morta e sepolta.
Cosa significa davvero per l’umanità il Corpus Hermeticum?